Che il lavoro sia un diritto o meno è irrilevante. Pensare in questi termini – argomentare cioè su questioni di principio così lontane dalla realtà come peraltro può essere il pensiero di un burocrate incallito, sia esso tecnico, professore, gazzettiere dell’informazione artefatta o politico in carriera – è quanto di più fuorviante si possa concepire. A questi novelli filosofi – fatti salvi i soggetti più sensibili – non sembra vero impegnarsi in una diatriba così sciocca. Il problema va infatti ribaltato.
In una società davvero civile è la disoccupazione ad essere illegale. La disoccupazione è illegale perché le risorse per ridurla al minimo fisiologico esistono già. Si tratterebbe solo di affinare gli strumenti per abbatterla sul serio. Non sto proponendo nulla che non sia presente o applicato già in altri Stati. Credere di poter calmierare il mercato del lavoro mantenendo artatamente nell’indigenza un certo numero di potenziali lavoratori, oltre che crudele è semplicemente un crimine. Quindi, riassumendo, sia la disoccupazione che la povertà devono essere dichiarate assolutamente illegali.
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