Prendo spunto da un vecchio articolo di natura scientifica in cui si afferma perentoriamente, ma sulla base di specifiche, incontestabili ricerche – di cui ne riporto comunque un estratto –, come anche gli uomini di Neanderthal provassero compassione. Che dire, che pensare, quelli che ritenevamo solo i primissimi albori della civiltà sarebbero – per certi versi – equiparabili alla nostra straordinaria epoca di vertiginose realizzazioni scientifiche, di stupefacente consapevolezza etica? No, nient’affatto! … Non bisogna confondere il progresso scientifico e, di conseguenza, tecnologico, con la civiltà. Mi sa che erano ben più nobili e civili quegli emeriti trogloditi che questa ignominiosa schiatta d’insulsa progenie di … avidi? … Il brutto è che noi ci caschiamo ancorché di continuo e come polli, arciconvinti che il benessere materiale e la crescita sempre e comunque, seppur a discapito di chicchessia, siano sinonimi di … progresso e cultura.
«Gli uomini di Neanderthal non erano dei bruti senza cuore, bensì’ avevano un profondo senso di pieta’ e compassione verso il prossimo, soprattutto verso i piu’ vulnerabili.
È questo che emerge da una ricerca di un’equipe dell’università’ di York che ha scoperto che alcuni gruppi di Neanderthal che vivevano in Europa tra 500.000 e 40.000 anni fa si prendevano cura dei malati e dei feriti.
Secondo gli studiosi, che hanno pubblicato la loro ricerca sulla rivista Time and Mind, la scoperta dimostra che l’interdipendenza tra i diversi individui di queste comunità’, che cacciavano e mangiavano insieme, portò’ alla nascita di un senso di impegno e cura nei confronti degli altri.
I ricercatori hanno esaminato alcuni resti archeologici e scoperto che un bambino affetto da una malattia cerebrale congenita non era stato abbandonato ed era sopravvissuto invece fino a cinque o sei anni di eta’.
Un adulto che non vedeva da un occhio, con un braccio non completamente sviluppato e piedi deformi era sopravvissuto per due decenni.
Gli studiosi del dipartimento di archeologia dell’università’ hanno quindi sviluppato un modello in quattro parti che ripercorre l’evoluzione di sentimenti come l’empatia negli antenati dell’uomo.
Secondo loro l’Homo erectus iniziò’ a provare compassione – un’emozione regolata da un pensiero razionale – circa 1,8 milioni di anni fa.
La cura dei malati mostra l’esistenza di compassione, mentre il trattamento speciale dei morti dimostra lo sviluppo del senso di lutto per la scomparsa dei propri cari ed il desiderio di consolare gli altri.
Negli esseri umani, a cominciare da 120.000 anni fa, la compassione ha poi iniziato ad estendersi verso gli sconosciuti, gli animali, gli oggetti e i concetti astratti.»
– Fonte della news: (risale al 2010) –
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