Qual è il modo migliore e più rapido per comprendere a fondo un’esperienza in modo da trarne il maggior beneficio possibile? I racconti lasciano il tempo che trovano, ma tant’è, intuire la verità, seppur con l’aiuto di un aneddoto, è già un primo, innocente, timido passo verso lo zenit della consapevolezza, se stessi …

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«Una storiella diceva che un pesce e una tartaruga vivevano in fondo al mare. Ma un giorno la tartaruga risalì alla superficie e anzi mise la testa fuori dall’acqua e scoprì un mondo misterioso fatto di cielo e di terre.

Faticosamente risalì una riva e contemplò qualcosa di cui non aveva mai avuto conoscenza. Cielo e terra erano così diversi dal mare che non riusciva quasi ad accettare la propria esperienza per quanto fosse inconfutabile. Fu una cosa travolgente e destrutturante. Poi la tartaruga ritornò giù nel profondo del mare.

Il pesce arrivò a sentire cosa era successo. E lei cercò di spiegargli cosa aveva visto, ma non aveva parole, non aveva termini conosciuti. Il pesce conosceva solo il mare, e la tartaruga non riusciva a spiegargli il cielo, la terra, non riusciva a trovare concetti o frasi che potessero trasmettergli la sua incredibile esperienza, così risultò insufficiente e ridicola e il pesce concluse che gli stava raccontando un sacco di storie o era impazzita e se andò disgustato.

C’è in realtà un solo modo per capire un’esperienza: viverla.»

(Dagli appunti di un vecchio corso tenuto a Bologna dalla Prof.a Viviana Vivarelli)

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